essay
Soglie - Alessandro Costanzo e Davide Serpetti
Per Costanzo la dimensione del fare coincide con l’esplorazione dei confini del lessico scultoreo che di volta in volta vengono reinventati. Accade con i Deserti, brandelli di ovatta incastonati dentro telai reticolari; anch’essi sono soglie, spazi di mediazione tra due dimensioni, luoghi da investigare con cura perché evidenziano una dimensione altra, misteriosa, altera. L’ovatta sta a indicare la capacità della scultura di essere mutante, di estraniarsi da un confine (che è poi quello della rete metallica), di tentare nuove vie, ulteriori forme da comporre e ricomporre. ︎︎︎
2022 | Lorenzo Madaro
Per Costanzo la dimensione del fare coincide con l’esplorazione dei confini del lessico scultoreo che di volta in volta vengono reinventati. Accade con i Deserti, brandelli di ovatta incastonati dentro telai reticolari; anch’essi sono soglie, spazi di mediazione tra due dimensioni, luoghi da investigare con cura perché evidenziano una dimensione altra, misteriosa, altera. L’ovatta sta a indicare la capacità della scultura di essere mutante, di estraniarsi da un confine (che è poi quello della rete metallica), di tentare nuove vie, ulteriori forme da comporre e ricomporre. ︎︎︎
IT
studio visit
La quadriennale di Roma, progetto Panorama.
Studio-visit ad Alessandro Costanzo
Tutta la lettura dell’opera deve così avvenire nella mente dello spettatore che di fronte al sintetismo sottrattivo di questi disegni deve saper rivederla nel suo porsi in rapporto con diversi contesti di significato. Le sue forme passano dall’essere disegni di immagini a disegni di strutture di suggerimento (mentale, corporeo, spirituale, percettivo) per molteplici immagini. È questo il meccanismo di funzionamento delle sue opere? In effetti il limitarsi a un piano di presentazione di segni e parole, in Costanzo, può costituire la volontà d’attivazione di un maggiore impegno d’interpretazione da parte dell’osservatore, che sarà chiamato a ricostituire uno spazio in cui estendere i significati che nell’opera vengono lasciati allo stadio di annunzio. ︎︎︎
Studio-visit ad Alessandro Costanzo
2022 | Marcello Francolini
Tutta la lettura dell’opera deve così avvenire nella mente dello spettatore che di fronte al sintetismo sottrattivo di questi disegni deve saper rivederla nel suo porsi in rapporto con diversi contesti di significato. Le sue forme passano dall’essere disegni di immagini a disegni di strutture di suggerimento (mentale, corporeo, spirituale, percettivo) per molteplici immagini. È questo il meccanismo di funzionamento delle sue opere? In effetti il limitarsi a un piano di presentazione di segni e parole, in Costanzo, può costituire la volontà d’attivazione di un maggiore impegno d’interpretazione da parte dell’osservatore, che sarà chiamato a ricostituire uno spazio in cui estendere i significati che nell’opera vengono lasciati allo stadio di annunzio. ︎︎︎
IT
essay
Cara catastrofe: Alessandro Costanzo, la scultura come forma, come spazio
Per l’artista la scultura è propedeutica per un dimensionamento processuale dello spazio, lo si comprende dai brandelli di luminarie che ridisegnano l’ambiente cercando relazioni con angoli e interstizi.
Lo spazio prende così ulteriore conformazione attraverso la modulazione dell’opera stessa, perciò la scultura si completa nella sua totalità una volta occupato lo spazio stesso in cui agisce.
La forma della scultura, pertanto, è un dispositivo autopoietico che si genera in studio, strutturandosi però nella sua interezza – ed è questo lo scarto rispetto alle esperienze minimal, in cui il modulo plastico vive la sua autosufficienza e si costruisce in studio – nella totalità di uno spazio espositivo, che è qualcosa di astratto e predeterminato, ma disponibile a una trasformazione. ︎︎︎
2021 | Lorenzo Madaro
Per l’artista la scultura è propedeutica per un dimensionamento processuale dello spazio, lo si comprende dai brandelli di luminarie che ridisegnano l’ambiente cercando relazioni con angoli e interstizi.
Lo spazio prende così ulteriore conformazione attraverso la modulazione dell’opera stessa, perciò la scultura si completa nella sua totalità una volta occupato lo spazio stesso in cui agisce.
La forma della scultura, pertanto, è un dispositivo autopoietico che si genera in studio, strutturandosi però nella sua interezza – ed è questo lo scarto rispetto alle esperienze minimal, in cui il modulo plastico vive la sua autosufficienza e si costruisce in studio – nella totalità di uno spazio espositivo, che è qualcosa di astratto e predeterminato, ma disponibile a una trasformazione. ︎︎︎
interview
DISCONTINUO an open studio #4
Intervista ad Alessandro Costanzo e a Roberta Gennaro
L’indagine di Alessandro Costanzo, invitato espressamente dal collettivo per l’attenzione che viene riservata alla ricerca contemporanea del territorio, si esemplifica nella coesistenza dell’operazione duale di meticolosa e sistematica progettazione congiunta ad una successiva disgregazione dell’immagine, ridotta in frammento e plasmata in forma scultorea che prende le sembianze di sezioni di luminarie. Distanziandosi dall’ottica del produrre ordinario regolato dal periodo di residenza, Alessandro compie una celebrazione del suo fare e del suo esserci mediante il bilanciamento dei tempi pieni e vuoti della meditazione che conduce nell’alternanza delle giornate, generando un’interferenza nel fluire degli eventi. ︎︎︎
Intervista ad Alessandro Costanzo e a Roberta Gennaro
2021 | Alessandra Tomasello
L’indagine di Alessandro Costanzo, invitato espressamente dal collettivo per l’attenzione che viene riservata alla ricerca contemporanea del territorio, si esemplifica nella coesistenza dell’operazione duale di meticolosa e sistematica progettazione congiunta ad una successiva disgregazione dell’immagine, ridotta in frammento e plasmata in forma scultorea che prende le sembianze di sezioni di luminarie. Distanziandosi dall’ottica del produrre ordinario regolato dal periodo di residenza, Alessandro compie una celebrazione del suo fare e del suo esserci mediante il bilanciamento dei tempi pieni e vuoti della meditazione che conduce nell’alternanza delle giornate, generando un’interferenza nel fluire degli eventi. ︎︎︎
IT
essay
Ipotesi per una tautologia della disintegrazione
È ormai tardi per cosa?
Il tempo, una componente essenziale nella ricerca di Alessandro Costanzo, si sottrae a ogni nostro tentativo di controllo e il divenire si impone come unica dimensione possibile nell'inevitabile mutevolezza dell'esistenza.
A una condizione presente, così frammentata e discontinua, l'artista risponde immortalando i postumi di un atto distruttivo, in cui risulta impossibile risalire all'identità pregressa dei singoli oggetti.
L'atto della disintegrazione, ovvero la perdita dell'integrità fisica di un corpo, innesca inevitabilmente riflessioni sul caos che precede, in tulle le filosofie, la generazione di un nuovo ordine. ︎︎︎
2020 | Martina Campese e Raffaella Ferraro
È ormai tardi per cosa?
Il tempo, una componente essenziale nella ricerca di Alessandro Costanzo, si sottrae a ogni nostro tentativo di controllo e il divenire si impone come unica dimensione possibile nell'inevitabile mutevolezza dell'esistenza.
A una condizione presente, così frammentata e discontinua, l'artista risponde immortalando i postumi di un atto distruttivo, in cui risulta impossibile risalire all'identità pregressa dei singoli oggetti.
L'atto della disintegrazione, ovvero la perdita dell'integrità fisica di un corpo, innesca inevitabilmente riflessioni sul caos che precede, in tulle le filosofie, la generazione di un nuovo ordine. ︎︎︎
IT
interview
[in ambiente*/ intervista ad Alessandro Costanzo, Balloon project.
Costanzo osserva e indaga il complesso binomio tra rappresentazione e disintegrazione, dove l’uno e l’altro convivono nella dimensione del frammento. Viene così determinata dall’artista una volontà di annientamento dell’immagine a favore del segno indecifrabile e della scoria, quale testimonianza di un pensiero formulato e successivamente fagocitato da un gesto distruttivo, che ricalca l’incessante azione del tempo sulla materia. ︎︎︎
2020 | Alessandra Tomasello
Costanzo osserva e indaga il complesso binomio tra rappresentazione e disintegrazione, dove l’uno e l’altro convivono nella dimensione del frammento. Viene così determinata dall’artista una volontà di annientamento dell’immagine a favore del segno indecifrabile e della scoria, quale testimonianza di un pensiero formulato e successivamente fagocitato da un gesto distruttivo, che ricalca l’incessante azione del tempo sulla materia. ︎︎︎
IT
interview
Un “contenitore di umanità”: la project room di Alessandro Costanzo e Stefan Milosavljevic, Espoarte.
Come lo avete pensato e sviluppato? Su quali temi e contenuti avete interagito?
AC – Il progetto nasce da un forte bisogno di isolare e rendere indipendente lo spazio assegnatoci, giocando un ruolo ironico e sarcastico, abbiamo tentato di lavorare in antitesi al concetto di “casa” come luogo idealizzato, che ci era stato proposto all’inizio dalle curatrici, come fulcro comune delle nostre poetiche su cui aprire un dibattito e un dialogo. Di conseguenza abbiamo lavorato sull’esperienza di un “falso paradiso”, dove finzione e messa in scena, giocano un ruolo importante, sottolineando la natura illusoria di un “non luogo” etichettato dalle multinazionali del turismo come esperienza tropicale contemporanea e paradisiaca. ︎︎︎
2019 | Matteo Galbiati
Come lo avete pensato e sviluppato? Su quali temi e contenuti avete interagito?
AC – Il progetto nasce da un forte bisogno di isolare e rendere indipendente lo spazio assegnatoci, giocando un ruolo ironico e sarcastico, abbiamo tentato di lavorare in antitesi al concetto di “casa” come luogo idealizzato, che ci era stato proposto all’inizio dalle curatrici, come fulcro comune delle nostre poetiche su cui aprire un dibattito e un dialogo. Di conseguenza abbiamo lavorato sull’esperienza di un “falso paradiso”, dove finzione e messa in scena, giocano un ruolo importante, sottolineando la natura illusoria di un “non luogo” etichettato dalle multinazionali del turismo come esperienza tropicale contemporanea e paradisiaca. ︎︎︎
IT
essay
Città: un arcipelago di anime e coscienze, in “La città”, Premio Artivisive San Fedele 2017-2018, Silvana editoriale, Milano.
L'archetipo cui ricorre Costanzo - anche traendo dichiarata ispirazione dai modelli ipotizzati dall'economista e geografo Walter Christaller - evidenzia le possibilità di stabilire reti di coesistenza, di simbiosi empatica tra individui che in un luogo, generato per aggregazioni successive nel tempo, sedimentano e inglobano una collettività diversa che sa diventare comune chiamandosi "città". Un luogo che, per quanto diversamente percepito, appartiene sempre a tutti, purché con la propria esistenza, nonostante resti protetto nella propria isola, ognuno sia disposto ad abitarvi con la propria anima e la propria coscienza, prima ancora che con il proprio corpo. ︎︎︎
2018 | Matteo Galbiati
L'archetipo cui ricorre Costanzo - anche traendo dichiarata ispirazione dai modelli ipotizzati dall'economista e geografo Walter Christaller - evidenzia le possibilità di stabilire reti di coesistenza, di simbiosi empatica tra individui che in un luogo, generato per aggregazioni successive nel tempo, sedimentano e inglobano una collettività diversa che sa diventare comune chiamandosi "città". Un luogo che, per quanto diversamente percepito, appartiene sempre a tutti, purché con la propria esistenza, nonostante resti protetto nella propria isola, ognuno sia disposto ad abitarvi con la propria anima e la propria coscienza, prima ancora che con il proprio corpo. ︎︎︎
IT