Alessandro Costanzo - La disumanizzazione dell’umano, una riflessione sul tempo e sullo spazio alle pendici di un vulcano.
Alessandro Costanzo è un artista isolano. I concetti di confine, di tempo e di spazio, per chi è cresciuto a Catania, alle pendici di un vulcano affacciato sul mare, diventano le basi per riflessioni sempre più ampie, come lui stesso racconta, e che abbracciano, dopo gli studi accademici e una permanenza a Bruxelles lunga due anni, «l’uomo, l’automazione tecnologica e alcuni fenomeni naturali», ma anche il tempo e le sue molteplici sfaccettature. La ricerca dell’artista, che si concretizza prevalentemente in installazioni e sculture, debitrici di un approfondito studio della pittura, si sofferma spesso su questioni di carattere antropologico e sociologico riflettendo su come l’uomo si stia progressivamente disumanizzando, allontanandosi sempre più dal suo stato di natura.
GB. Dalla semplice osservazione delle immagini si possono cogliere delle assonanze che dal 2019 al 2023 si sono ripetute ciclicamente. In particolare Incursione e Incursione #2, Allegoria del giorno, Indagine sulla curvatura e Stalli. Che significato hanno per te quelle ceramiche e quelle forme?
AC. Le ceramiche del ciclo Allegoria del giorno sono il risultato di un lavoro in parte performativo che ho sviluppato nell’estate 2021 durante una residenza in Sicilia: Discontinuo#3 promossa dal Collettivo Flock. Mi interessava osservare il cambiamento del mio peso durante la giornata, soffermandomi sulla quantità d’acqua ingerita e che in qualche modo, anche in minima parte, contribuisce all’oscillazione del nostro peso. Citare quella variabile nelle sculture è stato un modo per conservare quella mutazione, sacralizzare un peso effimero. Indagine sulla curvatura è un’anticipazione del progetto Allegoria del giorno, entrambe prodotte in residenza, mentre il ciclo degli Stalli si focalizza sulle dinamiche temporali che sono al di fuori del nostro controllo.
La trappola diventa il pretesto per ragionare su alcuni condizionamenti imposti dalla società. Nelle Incursioni mi interessava far interagire il pubblico con il concetto di limite e di confine dal punto di vista concettuale e geografico; in qualche modo il pubblico era responsabile di un processo di apertura verso un nuovo spazio compromettendone inevitabilmente l’intimità originaria.
GB. L’atto distruttivo può essere generativo?
AC. Nelle Incursioni, ad esempio, mi interessava capire come le persone potessero ridefinire i confini di una semplice “tenda” fatta di nastri dissuasori, un confine apparente che circoscriveva un’area intima, una zona di comfort, ma anche un limite psicologico, politico, geografico. L’installazione che avevo assemblato con cura, veniva così violata dal pubblico, ognuno manifestava la propria frustrazione per gradi alimentando la propria volontà distruttrice, chi con garbo chi con veemenza.
GB. Alcune tue installazioni contengono riferimenti a coordinate sia geografiche che temporali. Spesso si trovano anche delle vere e proprie direttrici metalliche a scandire le sculture o lo spazio. Che rapporto hai con il tempo e il suo scorrere? E con il suo peso?
AC. Devo dire che mi piace estrapolare delle metriche, dei dati, dalla routine quotidiana e dalle dinamiche personali: “L’uomo – scrive Protagora – è misura di tutte le cose, di quelle che sono per ciò che sono, e di quelle che non sono per ciò che non sono”. Citare alcune distanze o archi temporali è necessario per stabilire nuovi confini nella dimensione scultorea, confini concettuali, o anche fittizi, che definiscono nuove distanze, pesi, tempi, percorsi. Si tratta di concepire il processo di produzione dell’opera rispettando una grammatica sottesa, includendo o meno quei dati nella struttura formale del lavoro, che spesso ne risente nelle dimensioni o nel peso.
GB. E che rapporto hai con il mare? Cosa possono significare per te i concetti di origine, confine, soglia? Hanno influenzato il tuo fare artistico?
AC. Per me che sono nato in un’isola, a Catania, città costiera sovrastata dall’Etna, sia il mare che il vulcano hanno un’incidenza profonda. Spesso raggiungo il mare per riflettere sul concetto di confine; l’orizzonte determina proprio quella soglia apparente dove si poggia lo sguardo, mentre il vulcano esercita costantemente un’attrazione quasi viscerale, per via della sua metamorfosi incessante. Nel mio lavoro quindi, c’è spesso un interesse alle delimitazioni perimetrali, alle superfici, all’epidermide dei diversi materiali e l’attenzione è focalizzata fra un dentro e un fuori, tra un inizio e una fine, tra un confine culturale e un altro. Ciò trova riscontro nell’utilizzo frequente di materiali forati, permeabili, attraversabili dall’aria. In alcuni cicli, come ad esempio nei Deserti, l’ovatta sintetica viene arginata dalle griglie che ne conservano i moti sinuosi, il momento esatto in cui il materiale è stato pressato all’interno.
In uno scenario di tempi marginali, residuali, di intervalli temporali che scandiscono la giornata e che in qualche modo nella loro insignificanza stabiliscono delle costanti, delle metriche personali trova spazio anche la poesia. In Simposio, per esempio, in un vigneto siciliano Alessandro Costanzo ha dato “voce” a quel terreno sfruttando il vento che soffia costantemente dal mare. Proprio lì si trovano i Poetometri: pali d’acciaio concepiti come dispositivi cinetici che si innalzano dal suolo verso il cielo. I messaggi e le frasi incise sulle parti mobili della struttura mutano costantemente permettendo al lavoro di esprimersi in autonomia, di parlare a se stesso. Conclude l’artista: «Questo consegnare le sorti del lavoro alle forze naturali piuttosto che definirne il fine a priori è ciò che mi ha spinto a realizzare l’intero progetto».
Progetti futuri
Sospesi è la serie di lavori alla quale si sta attualmente dedicando Alessandro Costanzo. Costituite da lamiere industriali su cui l’artista pratica delle fessure che rimandano a quelle presenti negli elettrodomestici, nei computer e nei sistemi di aerazione forzata, le opere analizzano il rapporto fra uomo e automazione tecnologica. «Mi interessano – spiega Costanzo – soprattutto gli effetti degli assistenti vocali e delle AI sulle dinamiche relazionali. Ogni superficie stabilisce un nuovo confine intermediale fra macchina e umano, fra respiro meccanico e testimonianza dell’uomo. Il filosofo Carlo Sini definisce strumento esosomatico qualcosa che continua fuori dal corpo, l’azione del corpo; in un certo modo questi lavori diventano strumenti per analizzare questo nuovo processo di alienazione».
Articolo Inside Art web ︎︎︎
2024 | Gaia Badioni - Inside Art #130
Alessandro Costanzo è un artista isolano. I concetti di confine, di tempo e di spazio, per chi è cresciuto a Catania, alle pendici di un vulcano affacciato sul mare, diventano le basi per riflessioni sempre più ampie, come lui stesso racconta, e che abbracciano, dopo gli studi accademici e una permanenza a Bruxelles lunga due anni, «l’uomo, l’automazione tecnologica e alcuni fenomeni naturali», ma anche il tempo e le sue molteplici sfaccettature. La ricerca dell’artista, che si concretizza prevalentemente in installazioni e sculture, debitrici di un approfondito studio della pittura, si sofferma spesso su questioni di carattere antropologico e sociologico riflettendo su come l’uomo si stia progressivamente disumanizzando, allontanandosi sempre più dal suo stato di natura.
GB. Dalla semplice osservazione delle immagini si possono cogliere delle assonanze che dal 2019 al 2023 si sono ripetute ciclicamente. In particolare Incursione e Incursione #2, Allegoria del giorno, Indagine sulla curvatura e Stalli. Che significato hanno per te quelle ceramiche e quelle forme?
AC. Le ceramiche del ciclo Allegoria del giorno sono il risultato di un lavoro in parte performativo che ho sviluppato nell’estate 2021 durante una residenza in Sicilia: Discontinuo#3 promossa dal Collettivo Flock. Mi interessava osservare il cambiamento del mio peso durante la giornata, soffermandomi sulla quantità d’acqua ingerita e che in qualche modo, anche in minima parte, contribuisce all’oscillazione del nostro peso. Citare quella variabile nelle sculture è stato un modo per conservare quella mutazione, sacralizzare un peso effimero. Indagine sulla curvatura è un’anticipazione del progetto Allegoria del giorno, entrambe prodotte in residenza, mentre il ciclo degli Stalli si focalizza sulle dinamiche temporali che sono al di fuori del nostro controllo.
La trappola diventa il pretesto per ragionare su alcuni condizionamenti imposti dalla società. Nelle Incursioni mi interessava far interagire il pubblico con il concetto di limite e di confine dal punto di vista concettuale e geografico; in qualche modo il pubblico era responsabile di un processo di apertura verso un nuovo spazio compromettendone inevitabilmente l’intimità originaria.
GB. L’atto distruttivo può essere generativo?
AC. Nelle Incursioni, ad esempio, mi interessava capire come le persone potessero ridefinire i confini di una semplice “tenda” fatta di nastri dissuasori, un confine apparente che circoscriveva un’area intima, una zona di comfort, ma anche un limite psicologico, politico, geografico. L’installazione che avevo assemblato con cura, veniva così violata dal pubblico, ognuno manifestava la propria frustrazione per gradi alimentando la propria volontà distruttrice, chi con garbo chi con veemenza.
GB. Alcune tue installazioni contengono riferimenti a coordinate sia geografiche che temporali. Spesso si trovano anche delle vere e proprie direttrici metalliche a scandire le sculture o lo spazio. Che rapporto hai con il tempo e il suo scorrere? E con il suo peso?
AC. Devo dire che mi piace estrapolare delle metriche, dei dati, dalla routine quotidiana e dalle dinamiche personali: “L’uomo – scrive Protagora – è misura di tutte le cose, di quelle che sono per ciò che sono, e di quelle che non sono per ciò che non sono”. Citare alcune distanze o archi temporali è necessario per stabilire nuovi confini nella dimensione scultorea, confini concettuali, o anche fittizi, che definiscono nuove distanze, pesi, tempi, percorsi. Si tratta di concepire il processo di produzione dell’opera rispettando una grammatica sottesa, includendo o meno quei dati nella struttura formale del lavoro, che spesso ne risente nelle dimensioni o nel peso.
GB. E che rapporto hai con il mare? Cosa possono significare per te i concetti di origine, confine, soglia? Hanno influenzato il tuo fare artistico?
AC. Per me che sono nato in un’isola, a Catania, città costiera sovrastata dall’Etna, sia il mare che il vulcano hanno un’incidenza profonda. Spesso raggiungo il mare per riflettere sul concetto di confine; l’orizzonte determina proprio quella soglia apparente dove si poggia lo sguardo, mentre il vulcano esercita costantemente un’attrazione quasi viscerale, per via della sua metamorfosi incessante. Nel mio lavoro quindi, c’è spesso un interesse alle delimitazioni perimetrali, alle superfici, all’epidermide dei diversi materiali e l’attenzione è focalizzata fra un dentro e un fuori, tra un inizio e una fine, tra un confine culturale e un altro. Ciò trova riscontro nell’utilizzo frequente di materiali forati, permeabili, attraversabili dall’aria. In alcuni cicli, come ad esempio nei Deserti, l’ovatta sintetica viene arginata dalle griglie che ne conservano i moti sinuosi, il momento esatto in cui il materiale è stato pressato all’interno.
In uno scenario di tempi marginali, residuali, di intervalli temporali che scandiscono la giornata e che in qualche modo nella loro insignificanza stabiliscono delle costanti, delle metriche personali trova spazio anche la poesia. In Simposio, per esempio, in un vigneto siciliano Alessandro Costanzo ha dato “voce” a quel terreno sfruttando il vento che soffia costantemente dal mare. Proprio lì si trovano i Poetometri: pali d’acciaio concepiti come dispositivi cinetici che si innalzano dal suolo verso il cielo. I messaggi e le frasi incise sulle parti mobili della struttura mutano costantemente permettendo al lavoro di esprimersi in autonomia, di parlare a se stesso. Conclude l’artista: «Questo consegnare le sorti del lavoro alle forze naturali piuttosto che definirne il fine a priori è ciò che mi ha spinto a realizzare l’intero progetto».
Progetti futuri
Sospesi è la serie di lavori alla quale si sta attualmente dedicando Alessandro Costanzo. Costituite da lamiere industriali su cui l’artista pratica delle fessure che rimandano a quelle presenti negli elettrodomestici, nei computer e nei sistemi di aerazione forzata, le opere analizzano il rapporto fra uomo e automazione tecnologica. «Mi interessano – spiega Costanzo – soprattutto gli effetti degli assistenti vocali e delle AI sulle dinamiche relazionali. Ogni superficie stabilisce un nuovo confine intermediale fra macchina e umano, fra respiro meccanico e testimonianza dell’uomo. Il filosofo Carlo Sini definisce strumento esosomatico qualcosa che continua fuori dal corpo, l’azione del corpo; in un certo modo questi lavori diventano strumenti per analizzare questo nuovo processo di alienazione».
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Inside Art #130 - magazine ︎︎︎
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